Il nuovo anno si apre positivamente sul fronte dei prezzi: l’inflazione ha iniziato a rallentare in modo abbastanza significativo, grazie all’inizio di ripiegamento dei prezzi energetici, in particolare quelli regolamentati che diminuiscono di 80 punti e scendono in campo negativo rispetto a dicembre. Ma il 2023 presenta ancora molte incognite, a partire dal potere d’acquisto perduto delle famiglie e dunque della tenuta dei consumi.
Così Confesercenti in una nota commenta i dati diffusi da Istat sull’inflazione di gennaio.
Non si prospetta, dunque, un anno facile: le previsioni per il 2023 segnalano comunque una variazione dell’indice dei prezzi tra il 5 e 6% all’incirca, un livello ancora elevato e capace di erodere il potere d’acquisto dei redditi delle famiglie, che hanno ridotto alcuni consumi a favore delle spese più necessarie, come quelle per l’abitazione. Se la tendenza al rallentamento degli energetici, però, dovesse rafforzarsi, l’incremento dell’inflazione per l’anno in corso potrebbe anche scendere sotto la soglia del 5%, con un effetto domino positivo sui prezzi di beni e servizi.
I provvedimenti nazionali ed europei per arginare la cavalcata dell’inflazione hanno senz’altro contribuito a superare il momento più critico, anche se in alcuni paesi europei sono stati più incisivi. Nel complesso, perciò, va mantenuta alta l’attenzione considerando che l’inflazione di fondo si attesta ancora intorno al 6%, mentre quella acquisita per l’anno è 5,3. Bisogna, inoltre, evitare ridimensionamenti di consumo eccessivi, sia perché impattano negativamente sul sistema economico, sia perché si lascia campo libero ai meccanismi di indicizzazione esplicita presenti nel sistema – pensioni, canoni di locazione o altro – che rischiano di irrigidire i comportamenti di tutti gli operatori. Per questo ribadiamo che la strada principale da percorre è quella del sostegno alla domanda interna, con provvedimenti a favore dei redditi delle famiglie e dunque dei consumi, a partire dal fisco.
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