“Migliaia di imprese rischiano di chiudere, servono sostegni mirati”
Il lockdown è stato tragico per i piccoli negozi. La conferma arriva dalle rilevazioni sulle vendite di marzo diramate oggi dall’Istat, che registrano per i negozi di vicinato un calo vicino al 30%. Un colpo difficile da recuperare, che aumenta le possibilità di chiusura definitiva di migliaia di attività.
Così Confesercenti commenta i dati Istat sulle vendite del commercio al dettaglio a marzo.
L’Istat fotografa una situazione gravemente pregiudicata: un crollo fortissimo, soprattutto per alcuni comparti e alcune tipologie di vendita, con una caduta media del 36% per il non alimentare, che nell’abbigliamento e calzature diventa del 54%; una riduzione del 9% per la grande distribuzione che diventa del 28% per le piccole superfici. Sono solamente i primi effetti del lockdown, iniziato proprio a marzo e che per molti di questi esercizi sta ancora proseguendo. Sono giorni cruciali per definire misure di supporto efficaci e veloci, anche perché gli scenari che si diffondono sono, purtroppo, sempre più catastrofici: ultimo, ieri, quello della Commissione Europea, che stima per l’Italia una flessione del Pil di -9,5% nel 2020.
“Se si considera che il fermo delle attività commerciali ha investito solo due terzi del mese di marzo, è facile prevedere che i dati di aprile saranno ancora più drammatici”, commenta Confesercenti. “Per i piccoli negozi si tratta della crisi peggiore della storia repubblicana. Neanche il biennio orribile 2012-2013 aveva segnato riduzioni delle vendite così consistenti. In questo scenario, è indispensabile introdurre subito sostegni mirati al commercio di vicinato”.
“Servono indennizzi a fondo perduto, perché non si può credere che un crollo del genere possa essere superato con il solo indebitamento delle imprese. Ad erogarli dovrebbe essere l’Agenzia delle entrate, in modo diretto, senza presentazione di domanda da parte degli interessati. Necessario subito fermare anche il fisco: chiediamo di cancellare, per quest’anno, gli acconti IRES ed IRPEF, oltre a decidere lo stop dell’occupazione suolo pubblico. Le PMI hanno bisogno di interventi anche sul fronte degli affitti: bene il credito d’imposta, ma va esteso a tutte le tipologie catastali, ai canoni di concessione e alle affittanze d’azienda. Anche le spese sostenute dalle imprese per gli adeguamenti necessari devono essere recuperabili in credito di imposta. E la Fase Due deve essere a zero burocrazia: evitiamo un boom di protocolli di sicurezza locali contrastanti tra loro, altrimenti la ripartenza diventerà per le imprese un percorso ad ostacoli. Bisogna agire subito e bene: il rischio concreto è che migliaia di imprese chiudano per sempre”.
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