Lo smartworking causa una riduzione dei consumi presso pubblici esercizi e ristoranti quantificabile in circa 250 milioni di euro al mese. Questo dato si aggiunge a quello dovuto alla mancata spesa turistica, per cui possiamo quantificare in circa il 35% in meno il fatturato complessivo che ancora manca alle imprese del settore. A stimarlo è Confesercenti.
Secondo i dati diffusi dal Ministero del Lavoro, oggi sono 1,6 milioni i lavoratori che prestano la loro opera in smart working a seguito delle norme sull’emergenza sanitaria. Un numero otto volte superiore a quanto si riscontrasse prima della diffusione del virus, quando le persone in smart working erano circa 220mila. Quindi, attualmente, dopo la fine del lockdown, il numero dei lavoratori a distanza è aumentato di quasi 1,4 milioni.
La possibilità del lavoro a distanza ha svolto un ruolo cruciale nel piegare la curva dell’epidemia. Nei modi in cui si va configurando, però, la transizione verso il lavoro a distanza sta determinando elevati costi sociali, che devono essere opportunamente gestiti dalla politica economica. Indagini disponibili evidenziano il rischio che lo smart working aumenti il divario fra lavoratori di livello più elevato e più istruiti e il resto della forza lavoro. Dirompente, per la sua subitanea diffusione, è poi l’impatto che il lavoro a distanza sta avendo sul tessuto commerciale dei luoghi dove prima si concentrava lo svolgimento delle attività lavorative.
“Occorre un approccio ‘laico’ al tema smartworking, senza demonizzarlo ma avendo allo stesso tempo ben chiari i possibili effetti collaterali sul tessuto imprenditoriale e anche sui lavoratori”, spiega Giancarlo Banchieri, Presidente di Fiepet, l’associazione che riunisce i pubblici esercizi e le imprese della somministrazione Confesercenti. “Il lavoro agile è una rivoluzione che deve essere gestita. Servono urgentemente sostegni per le imprese del settore della somministrazione, dalla proroga della cassa integrazione in deroga ad una riparametrazione dei contributi a fondo perduto, che ad ora considerano solo il calo dei fatturati di aprile. Ma occorre anche dare un orizzonte temporale certo al lavoro agile. Il rischio è che, a settembre, migliaia di attività gettino la spugna e abbassino definitivamente la saracinesca”.
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