Soia, oliva o palma? L’interrogativo finalmente va in pensione. Sapere cosa nasconde la generica indicazione oli e grassi vegetali diventa un diritto. La buona notizia arriva con il regolamento 1169/11, che introduce molte novità interessanti, approfondite in questo speciale dedicato alla lettura informata dell’etichetta degli alimenti. Il regolamento 1169 è stato adottato da Parlamento europeo e Consiglio il 25 ottobre 2011. Le sue previsioni, però, diventano operative in momenti diversi.
Work in progress
La prossima scadenza rilevante per i consumatori è il 13 dicembre 2014, quando sarà in vigore la nuova etichetta, che l’industria sta già applicando su base volontaria.
Le regole valgono anche per gli alimenti venduti on line, dove tutte le informazioni obbligatorie in etichetta (salvo scadenza e lotto) dovranno essere rese disponibili all’utente sin dalla fase della scelta, prima della conclusione dell’acquisto. Sul web o al supermercato, però, disporre di etichette chiare e complete è inutile, se non si impara a comprenderne il contenuto.
E il vuoto da colmare è ampio. Secondo Gabriella Lo Feudo, ricercatrice del Cra e curatrice della Guida alla lettura delle etichette alimentari, “dagli incontri con studenti e consumatori in genere emerge che tutti sono ansiosi di conoscere bene le norme che codificano le etichette, ma che al momento le considerano un grande enigma da decifrare”.
Luci e ombre
Il nuovo pacchetto di norme presenta diverse luci, ma anche alcune ombre, secondo Dario Dongo, avvocato esperto in Diritto alimentare, fondatore della società di consulenza Fare e autore dell’e-book “L’etichetta”, dedicato alle novità introdotte dal regolamento 1169. “Il mio giudizio è favorevole sotto alcuni aspetti, come la previsione di una altezza minima per i caratteri delle informazioni obbligatorie in etichetta, a favore della loro leggibilità. Positivi gli obblighi di precisare la natura dei grassi vegetali e di dare evidenza grafica agli allergeni nella lista ingredienti.
Preziosa l’introduzione di una tabella nutrizionale, obbligatoria per la quasi totalità degli alimenti, con la precisazione dei grassi saturi, degli zuccheri, del sale. Una misura che in presenza di iniziative di educazione nutrizionale permetterà al consumatore di scegliere gli alimenti più consoni alla sua dieta”.
Per nulla apprezzabile è invece la resa del legislatore europeo agli interessi nazionali. Spiega Dongo: “L’intero capitolo 6 del regolamento lascia enorme spazio alla legislazione concorrente degli Stati membri. Contravvenendo a 30 anni di giurisprudenza comunitaria, si ammette che ogni Stato possa introdurre addirittura indicazioni obbligatorie ulteriori sulle etichette degli alimenti venduti nel proprio territorio.
I consumatori europei rischiano così di trovarsi di fronte a 28 regimi differenziati, cioè regole e tutele diverse in ciascun paese. Una confusione informativa che trova esempio nei diversi schemi di informazioni nutrizionali sintetiche, come il ‘Traffic light’ in Gran Bretagna, lo ‘Healthy logo’ in Olanda, il ‘Keyhole System’ in Svezia”.
Come apparirà la lista degli ingredienti
Due le novità obbligatorie a fine 2014 ma già adottabili su base volontaria. La lista degli ingredienti (indicati in ordine decrescente) deve evidenziare la presenza di allergeni. Si può ricorre al “neretto”, ma è possibile scegliere altri modi, come le lettere maiuscole. Altra novità è l’obbligo di precisare la natura dei grassi utilizzati, superando l’oscura locuzione “oli e grassi vegetali”.
Apporto calorico
Il produttore può indicare l’apporto calorico di una singola porzione esprimendo quale quota rappresenta del fabbisogno calorico standard giornaliero (convenzionalmente fissato a 2.000 kcal per l’adulto medio).
Scadenza
Il Tmc, Termine minimo di conservazione, può essere perentorio (“entro”) o approssimativo (“preferibilmente entro”).
Responsabilità
Il produttore (identificato con il nome e l’indirizzo) risponde di tutti gli obblighi informativi. Tale responsabilità ricade invece sul distributore che commercializza con il proprio marchio alimenti prodotti da terzi. La rintracciabilità si completa con il numero di lotto di produzione.
Peso
La quantità nominale (espressa in massa o volume) deve essere seguita dalla lettera “e”, il marchio comunitario (alto almeno 3 mm) che attesta la conformità dell’imballaggio alla metrologia comunitaria. Per gli alimenti immersi in un liquido deve essere indicato il “peso sgocciolato”.
Le esclusioni poco comprensibili
Ecco alcune previsioni del nuovo regolamento dalla utilità per il consumatore poco intuitiva. Saranno obbligatorie dal 31 dicembre 2014, ma l’industria comincia ad adottarle sin d’ora nella etichetta nutrizionale.
Sale invece di sodio. È quanto troveremo nell’etichetta nutrizionale. Saremo costretti a calcolare la dose corrispondente di sodio, dividendo il valore indicato per 2,5. L’Italia si era opposta, evidenziando che è il sodio a nuocere, mentre esistono sali, come il sale di calcio, che fanno bene.
Vietato indicare i grassi trans. Minaccia forte negli Usa e in Nord Europa, questi acidi grassi nocivi erano veicolati nella nostra dieta dai grassi idrogenati, ora quasi eliminati dall’industria alimentare.
Vietato indicare il colesterolo. Se non meglio precisata, in effetti, questa informazione potrebbe confondere il consumatore. Il colesterolo degli alimenti non corrisponde infatti a quello del sangue.
Allergeni controllati speciali
Grande attenzione nella comunicazione al consumatore è posta sulla presenza di allergeni alimentari. Negli ultimi 10 anni la popolazione europea con intolleranze e vere e proprie allergie ad alcuni alimenti è raddoppiata. Secondo le stime (Eaaci, giugno 2013), le allergie alimentari affliggono ormai 17 milioni di cittadini europei, e un bambino su quattro in età scolare (il 3,5% della popolazione italiana).
Gli allergeni responsabili del 90% delle reazioni sono: glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte, frutta a guscio, sedano, senape, semi di sesamo, anidride solforosa, lupini, molluschi. E i loro derivati.
Considerata la gravità delle reazioni all’allergene (dolori addominali, vomito, diarrea, e persino anafilassi), il nuovo regolamento impone misure utili a evidenziare nella lista degli ingredienti la presenza di allergeni, anche quando a loro volta componenti di un ingrediente.
La stessa attenzione è richiesta per la somministrazione di alimenti. In ospedali, mense, bar, ristoranti, per esempio, sarà obbligatorio informare il consumatore della eventuale presenza di una delle sostanze riconosciute come fonte di allergia.
Le vecchie etichette
Le tabelle nutrizionali in uso attualmente, su base volontaria, sono diverse tra loro. Alcune riferiscono soltanto 4 elementi (i “Big Four”): calorie, proteine, grassi, carboidrati. Altre forniscono un quadro più completo: precisano la quota di grassi saturi, quella degli zuccheri parte dei carboidrati, la fibra alimentare e il sodio, per un totale di 8 voci. In pochissimi indicano anche il colesterolo presente nell’alimento.
Tutte queste forme potranno coesistere fino al 31 dicembre 2014, quando dovranno essere uniformate alla nuova versione.
Una poco comprensibile deroga è tuttavia concessa ai produttori che ancora non hanno adottato l’etichetta nutrizionale: potranno aspettare fino alla fine del 2016.
Quali prodotti sono esentati
L’obbligo di etichettatura nutrizionale non è previsto per una serie di prodotti o confezioni. Sono esentati i prodotti ortofrutticoli freschi e i mono ingrediente non trasformati o solo stagionati; le farine, le acque, aromi, spezie, erbe, dolcificanti, gomme da masticare, integratori alimentari. Sono altresì esclusi dall’obbligo di etichetta nutrizionale i prodotti preincartati (gli alimenti porzionati dai reparti interni del supermercato, per intenderci) e quelli contenuti in confezioni piccole, con superficie inferiore ai 25 centimetri quadrati.
Valore di riferimento
Le informazioni sull’apporto energetico e nutrizionale restano molto simili a quelle che conosciamo. Lo schema rimane infatti l’indicazione della percentuale di calorie e nutrienti fornita da 100 g (o ml) di alimento, rispetto alla quota consigliata come consumo giornaliero standard. Tali valori restano ancora riferiti all’adulto in buone condizioni di salute: riferirli a sottogruppi di popolazione (per esempio i bambini) è vietato.
In termini nominali cambiano le sigle. Si tratterà di prendere confidenza con un nuovo acronimo: sparisce infatti la Gda e arriva il Vr, il valore di riferimento.
Il bollino rosso inglese che fa arrabbiare gli italiani
I 17 milioni di cittadini europei in condizioni di sovrappeso e obesità sono una bomba a orologeria per i sistemi sanitari nazionali. Per questo, i governi più previdenti cercano di individuare le iniziative utili a invertire la rotta. Un ruolo di spicco è attribuito in alcuni paesi alla etichettatura sintetica degli alimenti confezionati. Un simbolo di facile comprensione, che informi a colpo d’occhio il consumatore sul profilo nutrizionale (grassi, zuccheri e sale) dell’alimento che ha di fronte.
Purtroppo, semplificare senza confondere è un’impresa ardua. E non sempre le soluzioni proposte centrano il bersaglio. Il regolamento europeo 1169/11 fa esplicito riferimento alle misure nazionali utili a orientare i consumi alimentari della popolazione, ma lascia la materia ai singoli governi. L’ultima iniziativa (dopo i pittogrammi adottati nei paesi del Nord Europa) è il semaforo adottato in Gran Bretagna. Il rosso scatta al superamento della dose di grassi (17,5 g), zuccheri (22,5 g) e sale (1,5 g) per 100 grammi di prodotto.
Una soluzione invisa all’Italia, che vede scattare il bollino rosso sui suoi gioielli, come l’olio extravergine d’oliva e il parmigiano reggiano. Ma che – a prescindere dalle logiche di tutela del Made in Italy – non piace neanche ad Andrea Ghiselli, ricercatore del Cra-Nut, perché “è un messaggio diseducativo per il consumatore. Invece di farlo ragionare, gli fornisce un verdetto preconfezionato. E lo induce a scegliere un alimento che potrebbe persino fare peggio di quello bocciato con il bollino rosso”.
Un paradosso facile da immaginare: se una bibita analcolica zuccherata ha il bollino rosso, il consumatore poco accorto sceglierà la bibita con il bollino giallo (che potrebbe avere appena l’1% in meno di zuccheri) e finirà per berne senza misura, convinto di avere scelto un alimento salutare.
Più dei bollini a semaforo ci vorrebbe un amplificatore di coscienza del consumatore. Dice il nutrizionista: “Il consumatore deve sapere che non ci sono alimenti buoni e cattivi, ma un modo buono o cattivo di consumarli. Per esempio, deve capire da sé che l’olio d’oliva, con il suo 99% di grassi e classificato con il bollino rosso britannico, consumato nella normale dose di 10 grammi come condimento per l’insalata è da preferire a una dose abbondante di salsa pronta di panna e yogurt, etichettata con il bollino giallo”.
“Fanno bene a…” cosa può scrivere il produttore
Per indicare in confezione o in pubblicità presunti benefici è necessario averli provati
La stretta relazione tra cibo e salute rende assai importante la correttezza delle informazioni sulle caratteristiche “salutiste” degli alimenti. Con riguardo ai benefici che il consumo di un certo tipo di alimento può apportare, la regola è ferrea. Il produttore può adottare un claim salutistico soltanto se in possesso delle prove scientifiche utili a dimostrare la fondatezza della virtù declamata. A stabilire una lista positiva dei claims ammessi è chiamata l’Efsa, l’Authority europea per la sicurezza alimentare.
Strettamente regolato è anche il capitolo dei claims nutrizionali, usati dai produttori per evidenziare le caratteristiche nutrizionali del prodotto, con indicazioni come “a basso contenuto calorico”, “senza zucchero”, “fonte di proteine”. Indicazioni ammesse, ma soltanto entro confini ben tracciati, come mostra la scheda di questa pagina.
I claims salutistici devono:
– ricordare l’importanza di seguire una dieta varia ed equilibrata e condurre uno stile di vita sano;
– indicare l’uso corretto dell’alimento per ottenere il benefico effetto indicato;
– avvertire di eventuali controindicazioni (per persone affette da patologie o in condizione di vulnerabilità: in gravidanza, per esempio);
– precisare che l’uso eccessivo dell’alimento potrebbe causare danni all’organismo.
I claims salutistici non devono:
– suggerire che il mancato consumo dell’alimento potrebbe nuocere alla salute;
– quantificare percentualmente eventuali perdite di peso legate al consumo dell’alimento;
– riferire pareri di singoli operatori o di singoli medici rilasciati in merito all’alimento in questione.
Slogan nutrizionali: i confini
A basso contenuto calorico
Se il prodotto contiene non più di 40 kcal/100 g per i solidi o 20 kcal/100 ml per i liquidi. Per gli edulcoranti da tavola si applica il limite di 4 kcal/dose unitaria, equivalente a un cucchiaino di zucchero.
A ridotto contenuto calorico
Se il valore energetico è ridotto di almeno il 30%, con specificazione delle caratteristiche che provocano una riduzione nel valore energetico totale dell’alimento.
Senza calorie
Se il prodotto contiene non più di 4 kcal/100 ml. Per gli edulcoranti da tavola si applica il limite di 0,4 kcal/dose unitaria, equivalente a un cucchiaino di zucchero.
A basso contenuto di grassi
Se il prodotto contiene non più di 3 g di grassi per 100 g per i solidi o 1,5 g di grassi per 100 ml per i liquidi (1,8 g di grassi per 100 ml nel caso del latte parzialmente scremato).
Senza grassi
Se il prodotto contiene non più di 0,5 g di grassi per 100 g o 100 ml.
A basso contenuto di grassi saturi
Solo se la somma degli acidi grassi saturi e degli acidi grassi trans contenuti nel prodotto non supera 1,5 g/100 g per i solidi o 0,75 g/100 ml per i liquidi; in entrambi i casi la somma degli acidi grassi saturi e acidi grassi trans non può corrispondere a più del 10 % dell’apporto energetico.
Senza grassi saturi
Se la somma degli acidi grassi saturi e acidi grassi trans non supera 0,1 g di grassi saturi per 100 g o 100 ml.
A basso contenuto di zuccheri
Se il prodotto contiene non più di 5 g di zuccheri per 100 g per i solidi o 2,5 g di zuccheri per 100 ml per i liquidi.
Senza zuccheri aggiunti
Se il prodotto non contiene mono o disaccaridi aggiunti o ogni altro prodotto alimentare utilizzato per le sue proprietà dolcificanti. Se l’alimento contiene naturalmente zuccheri, l’indicazione seguente deve figurare sull’etichetta: “Contiene in natura zuccheri”.
Senza zuccheri
Se il prodotto contiene non più di 0,5 g di zuccheri per 100 g o 100 ml.
A basso contenuto di iodio/sale
Se il prodotto contiene non più di 0,12 g di sodio (0,30 g di sale) per 100 g o 100 ml.
A bassissimo contenuto di iodio/sale
Se il prodotto contiene non più di 0,04 g di sodio (0,10 g di sale) per 100 g o 100 ml. Tale indicazione non è utilizzata per le acque minerali naturali o per altre acque.
Senza sodio o senza sale
Se il prodotto contiene non più di 0,005 g di sodio (0,01 g di sale) per 100 g.
Fonte di fibre
Se il prodotto contiene almeno 3 g di fibre per 100 g o almeno 1,5 g di fibre per 100 kcal.
Ad alto contenuto di fibre
Se il prodotto contiene almeno 6 g di fibre per 100 g o almeno 3 g di fibre per 100 kcal.
Fonte di proteine
Se almeno il 12% del valore energetico dell’alimento è apportato da proteine.
Ad alto contenuto di proteine
Se almeno il 20% del valore energetico dell’alimento è apportato da proteine.
Leggero/light
L’indicazione deve essere accompagnata da una specificazione delle caratteristiche che rendono il prodotto “leggero” o “light”.